Padre Corsaro un “prete sciolto”

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Novembre chiude i colori in una scatola di vetro, con traslucide incollature di sole su piani inclinati da foglie.
L’idea poetica, tradotta dal tema di novembre, conclude gli appuntamenti dell’Atelier del Venerdì, ricordando il percorso culturale e molteplice del poeta Padre Antonio Corsaro.
Oltre l’abito talare, s’ergeva la volontà ferrea di un uomo assolutamente libero culturalmente e operativamente, con scelte talvolta contestate in ambito ecclesiastico che non l’hanno comunque limitato nell’incidere, sul terreno formativo isolano, le impronte in versi e strofe derivati dall’ombra culturale europea.
Padre Corsaro si definiva un “prete sciolto” e, con una sacralità legata all’immateriale umano quanto a quello divino, procedeva oltre le parole, ricercava i sistemi e le strutture che, della ragione poetica, possono trasfondere una poesia in preghiera.
Un uomo assolutamente determinato, con uno sguardo attento nella ricerca della trasmissibilità dei saperi che ritrovava in ambito internazionale per poi sperimentare in un proprio stile, sincretico, oltre le attese inerenti allo studio e le dimensioni imposte dall’esterno.
Le parole del Preside Giuseppe Adernò, presidente della sezione di Catania dell’Unione Cattolica Stampa Italiana, ci guidano verso il ricordo della vita del poeta di Camporotondo attraverso memorie personali di collaborazione, attimi di situazioni condivise in episodi di vita quotidiana.
Le molteplici anime di Padre Corsaro vengono inanellate in simbiotici accadimenti trasversali per chi ha avuto modo di conoscere da vicino la vita del poeta, situazioni riprese da Francesco Giordano, scrittore e giornalista, la cui adolescenza ha beneficiato del Corsaro come mentore e orientatore del suo futuro ancora da determinare.
Francesco Giordano ha recentemente curato la prefazione di “Antonio Corsaro – L’occhio dell’isolano è una vampa di sole”, edito da Akkuaria, una riedizione critica della poetica del poeta fondatore della rivista Incidenza curata con la collaborazione di Manlio Sgalambro, Sebastiano Addamo e Fiore Torrisi.
Il tempo, la cornice culturale e le influenze nazionali all’operato di Antonio Corsaro sono state stabile, con un insondabile filo letterario, da Grazia Maria Scardaci, legati a un raccordo aspecifico che abbraccia gli Scritti Corsari di Pasolini, le assimilazioni rivoluzionarie con Don Franzoni, gli asset formativi tratti dagli articoli de “LaSicilia” narrati da Bufalino e dallo stesso Addamo.
Un pomeriggio intenso, attraversato da parole di ricordo, di affetto sincero, esperienziale come le vicende degli inizi poetici di Vera Ambra, promossi proprio da Padre Antonio Corsaro e dagli illuminati consigli per un autentico percorso letterario.

Il pomeriggio è stato allietato da un duo di artiste straordinarie, Dasha Obidina alla chitarra e Anna Maria Caporlingua al flauto, melodie sognanti che ci hanno donato la capacità di viaggiare con le percezioni e d’intuire il vibrare poetico che, dalle profonde rime di Corsaro, giungevano all’intensa immedesimazione e condivisione del percorso narrato dalla rievocazione degli amici presenti.
Proprio come descriveva Franco Fortini: «Prima lo prese paura poi calma, il bambino seguitava a parlare» e quelle parole forti da uomo libero, le rime di Antonio Corsaro, porterò nel cuore come il bambino che conti
ua a narrare le sue attese.

Grazia Maria Scardaci

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