Il valore di un’attrice: Adrienne Lecouvrier

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Adrienne Lecouvreur mentre recita una pièce di Pierre Corneille, ritratta da Antoine Coypel.

Adrienne Lecouvreur mentre recita una pièce di Pierre Corneille, ritratta da Antoine Coypel.

Fu così per Adrienne Couvier, di umili origini, la madre era una lavandaia e il padre era un cappellaio. Fin dalla prima infanzia dimostrò grande passione per il teatro. Il suo talento emerse all’età di quattordici anni, quando interpretò il personaggio di Paolina nel Poliuto. Il successo fu immediato. Sotto la guida del maestro Legrande, il quale in seguito suggerì di aggiungere la particella Le al suo cognome, fu iniziata alla sua carriera di attrice. La sua dizione e la sua voce che sapeva ben modulare, le permisero di ricoprire ruoli di alta levatura drammatica ponendola al di sopra di tutte le attrici dell’epoca e ciò non le valse poche inimicizie come quella di Marie-Anne de Châteauneuf nota con lo pseudonimo Mademoiselle Duclos.

Adrienne non era bella, ma raffinata e dai gusti eleganti. Di certo non le mancarono corteggiatori o amanti. Fra questi il più importante della sua vita: il Conte Maurizio di Sassonia, erede al trono di Curlandia piccolo stato ai confini della Polonia. Relazione durata a lungo, ma che poi terminò a causa dell’infedeltà di lui.

La morte dell’attrice avvenuta all’età di trentasette anni è avvolta da un mistero. Alcuni suoi biografi pensano che sia morta di dolore a causa della fine della relazione con Maurizio di Sassonia, mentre altri pensano che sia stata avvelenata dalla Marchesa Franҫoise Lorrain de Bouillon, per gelosia in quanto anch’essa era innamorata del Conte, ma di questi fatti non si hanno prove certe.

 

La vita dell’artista ha attirato le attenzioni dello scrittore-drammaturgo Eugene Scribe, che ne ricavò un lavoro teatrale.

Dietro suggerimento dell’editore Sonzogno Francesco Cilea, su libretto di Arturo Colautti ne trasse un’opera lirica ridotta abilmente a quattro atti dai cinque di Scribe.

 

I personaggi che hanno orbitato attorno alla vita di Adrienne li ritroviamo nell’opera.

Colautti riesce a conferire un ruolo psicologico a ciascuno di loro, sottolineato dalla musica.

La rivale dell’attrice, Mademoiselle Duclos, non appare mai in scena, ma è oggetto di sarcastici pettegolezzi. A lei si associa un leitmotiv che si ripresenterà in tutta l’opera quando si parla di lei.

Lo scompiglio che regna all’inizio del primo atto, e l’aria goliardica che ne segue a causa della Duclos sfuma lentamente fin quando appare in scena Adriana.

Lo spettatore viene catturato da una atmosfera eterea creata dalla musica e dagli straordinari versi. Si schernisce dagli esagerati complimenti degli ammiratori.

 

Troppo, signori… troppo!

Ecco: respiro appena…

lo son l’umile ancella

del Genio creator:

ei m’offre la favella,

io la diffondo ai cor…

Del verso lo son l’accento,

l’eco del dramma uman,

il fragile strumento

vassallo della man…

Mite, gioconda, atroce,

mi chiamo Fedeltà.

un soffio è la mia voce,

che al novo di morrà…

 

Il tema “Io sono l’umile ancella” accompagna Adriana ogni volta che la situazione lo richiede.

Michonet è il brontolone direttore di scena, che all’inizio si lamenta perché trattato peggio di un servo.

 

Michonnet, su!

Michonnet, giù!

Auff! non ne posso più…non ne posso più!

tutti gl’incarichi, tutti fastidi a me…

Un direttor di scena sta peggio d’un lacchè…

in mezzo a tanti re di cartapesta

c’è da perder la testa…

Seguir chiacchiere, molcer le invidie,

placar le collere, romper le calbele,

sventar le insidie delle pettegole,

mattino e vespro, vespro e mattin,

senza mai fin!

Ah! se non fosse il posto sospirato

di socio proprietario, per sbarcare il lunario

e starle sempre al lato…

 

E’ innamorato di Adriana, ma non osa confessarlo, si accontenta della sua amicizia e sarà sempre vicino alla protagonista fino alla sua morte.

Il Conte Maurizio di Sassonia, personaggio valoroso, seppure bugiardo, ama riamato Adriana. Deve salvare la sua Patria: la Curlandia dalla Polonia e dalla Russia che vorrebbero annetterla. Intrighi politici si alternano quindi a quelli amorosi.

Travolge la scena con la sua entrata.

 

La dolcissima effigie sorridente

in te rivedo della madre cara;

nel tuo cor della mia patria

dolce, preclara l’aura ribevo,

che m’apri la mente

Bella tu sei come la mia bandiera

delle pugne fiammante entro i vapor;

tu sei, gioconda, come la chimera

della Gloria, promessa al vincitor…

Bella tu sei, tu sei gioconda…

Le bellissime parole che Maurizio le rivolge sono accompagnate da una dolce, seppure impetuosa melodia.

Il tema “La dolcissima effigie” risuonerà ogniqualvolta sarà accennato l’amore tra lui e Adriana. Possiamo dire che è il tema di Maurizio.

L’amore di Adriana per Maurizio è generoso, e lo si può leggere nei versi del duetto del primo atto

Che importa a me dei plausi,

dei doni e degli omaggi?

Ah! della Francia

tutti non valgono

i tesor una tua pura lagrima,

diamante d’amor!

 

La Marchesa Franҫoise Lorrain de Bouillon nell’opera è semplicemente La Principessa di Bouillon sposa del Principe di Bouillon. Il suo amore per Maurizio è dispotico, passionale ne è gelosa fino all’esasperazione come possono esprimere i seguenti versi.

Acerba voluttà, dolce tortura,

lentissima agonia, rapida offesa,

vampa, gelo, tremor, smania, paura,

ad amoroso sen torna l’attesa!

Ogni eco, ogni ombra nella notte incesa

centro la impaziente alma congiura:

fra dubbiezza e disio tutta sospesa,

l’eternità nell’attimo misura…

Verrà? M’oblia? S’affretta?

O pur si pente?

Ecco, egli giunge!…

No, del fiume é il verso,

misto al sospir d’un arbore dormente.

 

Il tema della gelosia della Principessa apre da parte dell’orchestra il secondo atto.

Ma la Principessa in fondo all’anima sua è anche una donna sofferente che teme di non essere più attraente e magari teme di essere dimenticata. Lo spiegano i versi:

 

O vagabonda stella d’Oriente,

non tramontar: sorridi all’universo,

e s’egli non mente, scorta il mio amor

 

In realtà Maurizio non è stato mai veramente innamorato della principessa, ma le sue relazioni lo potrebbero aiutare a salvare il suo regno e il trono.

Nell’opera si scava ulteriormente nel carattere Maurizio scoprendone anche in lui qualche fragilità, e di fronte alla tormentosa gelosia della Contessa che vuole a tutti i costi il nome della rivale, risponde con i seguenti versi:

 

Grazia! grazia, signora!

L’anima ho stanca, e la meta é lontana:

non aggiungete la rampogna vana

all’ansia che m’accora…

Assai vi debbo: ah! ma se l’amor cadrà

memore affetto in core,

in cor mi fiorirà…

 

Il carattere nobile di Adriana arriva al culmine, quando dietro le richieste di Maurizio salva la rivale, da un’imbarazzante situazione, facendola fuggire.

Le due donne tuttavia finiscono con il riconoscersi e nel corso del terzo atto la Contessa la provoca continuamente finché Adriana risponde con l’interpretazione del monologo di Fedra, dove fra l’altro la donna mostra le sue doti di attrice.

 

“Giusto cielo!

che feci in tal giorno?

già s’accinge il mio sposo

col figlio al ritorno:

testimon d’un’adultera fiamma,

ei vedrà in cospetto del padre tremar,

tremar mia viltà,

e gonfiarsi il mio petto de’ vani sospir,

e tra lacrime irrise il mio ciglio languir!”

(guardando a Maurizio)

“Credi tu che, curante di Teseo la fama,

di svelargli non osi l’orrendo mio dramma?

che mentire ei mi lasci al parente ed al re?

e raffreni l’immenso ribrezzo per me?

Egli invan tacerebbe!

So il turpe mio inganno,

o Enon, né compormi potrei,

come fanno…”

(guardando alla principessa)

“…le audacissime impure, cui “gioia é tradir,

una fronte di gelo, che mai,

mai debba arrossir!”

 

È un brano recitato accompagnato dall’orchestra con un tema che conduce il preludio del quarto atto. E’il tema dell’ultima aria di Adriana prima di morire.

L’offesa alla Principessa è grave. Si vendica, inviandole il giorno della sua festa, un cofanetto contenente un mazzolino di violette avvelenate, che Adriana respira quando lo apre. La Principessa in un biglietto le fa credere si tratta di un dono di Maurizio, di cui non ha notizie da tempo. Si sente abbandonata ed è triste. Si sente ulteriormente oltraggiata da quel dono.

Michonet non crede che le violette siano state inviate da Maurizio e cerca di confortare Adriana dicendole che il biglietto non è di Maurizio ma di una donna.

Adriana risponde con la sua ultima aria, molto accorata.

Poveri fiori,

gemme de’ prati,

pur ieri nati,

oggi morenti,

quai giuramenti

d’infido cor!

L’ultimo bacio,

o il bacio primo,

ecco v’imprimo,

soave e forte,

bacio di morte,

bacio d’amor.

Tutto è finito!

Col vostro olezzo

muoia il disprezzo:

con voi d’un giorno

senza ritorno

cessi l’error!

Tutto è finito

Come detto prima, la melodia di questi versi è la stessa che accompagna il monologo di Fedra.

L’effetto del veleno conduce Adriana alla morte, ma tra le persone che l’hanno davvero amata: Maurizio, che alla fine arriva, e Michonet.

Adriana conclude la sua vita da vera attrice, recitando i suoi ultimi versi:

 

Scostatevi, profani!

Melpomene son io!

Ecco la Luce,

che mi seduce,

che mi sublima,

ultima e prima

luce d’amor

Sciolta dal duolo,

io volo, io volo,

come una bianca

colomba stanca,

al suo chiaror.

 

Adrienne Couvrier, annoverata tra le più grandi attrici nella storia del teatro, non poteva essere onorata in modo migliore da una musica ricca di spunti melodici e tratti di intensa passionalità.

In quest’opera si riesce a delineare una personalità di alto livello morale e artistico.

Se il personaggio è stato così anche nella realtà non lo sappiamo, ma all’amante di opera piace immaginarlo così.

 

Alessandro Scardaci

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