Premio Ebbrezza della vita al libro di Adriana Di Grazia

Posted by on Dec 12th, 2019 and filed under Narrativa, News. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

 “…avevo imparato e avevo scoperto che leggere mi permetteva di sfogarmi, ritrovando i miei pensieri e ideali, mi risvegliava interessi facendomi appassionare… Scrivere per me era diventato terapeutico, non lo facevo per gli altri o per lodi, ma per vedere ciò che avevo dentro...”
Sono le parole di Valeria la protagonista del romanzo “Non chiamarlo padre” di Adriana Di Grazia, edizioni Albatros. Scrivere a volte salva la vita, come l’arte in generale dà sfogo alle profondità dell’animo umano, anche alle sfaccettature più angoscianti.
La protagonista è una ragazza minuta dagli occhi grandi, un po’ insicura e introversa, la figlia quasi perfetta che non aveva mai dato dispiaceri ai suoi genitori. Ad un certo punto della sua adolescenza farà un incontro che la segnerà a vita, un incontro con una persona che resterà sempre al suo fianco anche quando fisicamente lontane. La sua compagna di classe, Raffaella, disinvolta e  dal corpo formoso, forte e sicura di sé in apparenza ma con una storia familiare tragica alle spalle. La violenza del padre su di lei, la madre e le sorelle, un uomo che si credeva padrone delle loro vite, rendendole complicate, quasi al limite della sopravvivenza.
Valeria cercherà in modo discreto di supportarla ed aiutare l’amica durante tutti quegli anni che le porteranno poi a divenire adulte e indipendenti.

Le loro difficoltà con gli uomini: Raffaella vogliosa di avere qualcuno che l’amasse, Valeria incapace di aprirsi e di avere un contatto fisico con loro.
La scoperta di un segreto scottante, la fuga da un tentativo di stupro, la difficoltà nella scelta di proseguire o meno una gravidanza indesiderata, sono alcune delle problematiche che le due amiche dovranno affrontare e superare. Spesso lontane durante i periodi più sereni ma sempre vicine e disponibili l’una per l’altra quando la vita si faceva dura e i momenti da affrontare erano ardui.

Ho cercato la sua mano, ma si è scostato e io mi sono sentita una puttana. Anche in ospedale ti trattano come una puttana perché hai assunto la decisione di liberarti di un figlio, non usano alcuna delicatezza, tanto sei tu che vuoi tutto quello. Hai facoltà di scelta e hai scelto. Di Uccidere! Semplice! Mica indagano cosa c’è oltre quel rifiuto. Ho pianto prima di assopirmi e le ultime parole che ho sentito sono state ancora: sei sicura di volerlo fare? Ho risposto di sì e non ricordo più nulla”.
L’aborto, una tematica che crea spesso divisioni nell’opinione pubblica. Le donne che devono portare il fardello delle proprie scelte in un mondo maschilista e a volte misogino… Valeria scopre un segreto nascosto da cui si comprenderà  il suo rifiuto per gli uomini, e forse anche perché inconsciamente si sia sempre sentita vicina a Raffaella.

“Baciò e carezzò con dita morbide le mie labbra e il mio viso, venerò il mio corpo come fossi una dea, centimetro dopo centimetro, scoprendo parti di me ignorate, mi amò come credevo solo una donna credevo riuscisse a fare, calmo e attento a non farmi male, soffermandosi a lungo dove percepiva il mio palpito, premuroso nel darmi piacere, incurante della sua urgenza, bisbigliando dolcezze contro il mio orecchio, che mi esaltavano e mi stordivano…fu il suggello del nostro appartenerci per sempre. E la ratifica del definitivo annientamento di tutti i demoni”.
La chiave di tutto sarà l’amore. L’amore che le due ragazze incontreranno nella loro vita, due uomini che le salveranno ricucendo almeno in parte le profonde ferite che avevano caratterizzato le loro vite.  L’amore, la solidarietà e  la sorellanza tra le due coprotagoniste che riescono, nonostante tutto, a cavarsela.

Lo stile del romanzo è asciutto e scorrevole, con un buon equilibrio tra descrizioni molto brevi ma efficaci, con qualche effetto sinestetico, e dialoghi attraverso i quali i protagonisti rivelano le loro emozioni. La cupezza si mescola a momenti di speranza, l’emozione che l’autrice ci vuole lasciare in chiusura del testo narrativo. L’analisi psicologica di due anime tormentate che quando sembrano per soccombere rinasceranno dalle loro stesse ceneri.
La forza della vita, quella che forse solo le donne riescono a possedere.

“Potranno tagliare i fiori ma non fermeranno mai la primavera”.

Dario Miele

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