L’Euro, questo sconosciuto e l’Europa unita

Posted by on Aug 24th, 2012 and filed under Recensioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Riflessioni di Pippo Nasca

Mi chiedo perché è maturata l’idea di un mercato comune tra gli stati europei fino al punto di pensare a un unico organismo che regoli la vita del vecchio continente. La risposta è molto semplice: il benessere comune a tutti i cittadini di quest’ultimo. Su questa linea, quindi bisogna agire senza dover pensare agli interessi particolari di ogni singolo stato, spinto ad ignorare le necessità degli altri. Insomma è necessaria la solidarietà tra gli Stati poiché altrimenti mi sembra fuori luogo parlare di Europa unita. Esattamente come è avvenuto per gli Stati Uniti d’America e che ha consentito agli Americani di dettar legge, almeno fino a questo momento, nel campo economico ed industriale.

A me sembra che la istituzione della moneta unica, l’Euro, non sia nata con questa finalità, anche se ipocritamente strombazzata. I risultati che ne son venuti fuori confermano quanto asserisco.

È inammissibile che dopo appena una diecina d’anni di comunità economica, la maggior parte degli stati sottoscrittori rischino di fallire economicamente e che un solo stato o due vengano a trovarsi in istato di grazia. Ciò significa semplicemente che le regole dell’istituzione dell’Euro sono state prese a senso unico e, cioè, favorendo semplicemente le economie degli stati più forti storicamente dal punto di vista economico, senza tener conto delle esigenze dei più deboli.

Insomma si è incorsi nello stesso errore che è scaturito quando si parlò d’unità d’Italia, in cui si divise la nuova nazione di due Italie a regime economico differenziato. Quello settentrionale più favorito e quello meridionale più penalizzato, con la conseguenza di un disagio storico che ancora oggi persiste ed anzi si è accentuato. Proprio come è accaduto per l’italica nazione si rischia, persistendo sulla vecchia strada di creare un’Europa a due regimi economici: una settentrionale, efficientissimo, costituito da Germania e paesi scandinavi ad essa più vicini e l’altro meridionale, costituito da iberici, italiani, slavi e greci zoppicanti e mancanti di sostentamento.

Nel dettare le regole della moneta unica si è favorita la sua somiglianza al vecchio marco, che ha mantenuto il suo valore strategico e si sono penalizzate le restanti monete europee che hanno visto dimezzato ed anche centuplicata la loro diminuzione di valore, con la conseguente naturale inflazione che ha messo col sedere al fresco le relative nazioni.

In poche parole la istituzione dell’Euro, così come è stata concepita, ha dato impulso alla nascita ed alla istituzionalità del quarto Reich, che ha raggiunto in campo economico quelle finalità che aveva fallito militarmente il terzo Reich. Stranamente, anche adessola Germanianella realizzazione del suo progetto si è servita dell’alleanza con una nazione europea. Il terzo Reich dette luogo all’asse Roma-Berlino, il quarto a quello Parigi-Berlino.

Ciò che forse nemmenola Germania ha capito e che insistendo su questa falsariga verrà a realizzarsi il fallimento totale di tutta la politica europea che finirà per coinvolgere la stessa Germania, poiché è fuor di dubbio che l’Euro continuerà a deprezzarsi rispetto al dollaro ed alla moneta dei paesi emergenti. Già! I paesi emergenti! Intendola Cina, già pronta a volare ad ali spiegate sulle sempre più deboli economie occidentali ed europee.

Io son convinto che se non si corre subito ai ripari, riequilibrando le economie dei singoli stati europei, forse è meglio ritornare sui vecchi passi delle vecchie autonomie monetarie. Come dire: ognuno per sé e Dio per tutti! Per lo meno ognuno morirà di … morte propria e potrà almeno dire: “mea culpa”. Nell’attuale frangente storico,la Grecia,la Spagna, il Portogallo, l’Italia stanno assorbendo i danni della non corretta istituzione dell’Euro. La loro crisi è la diretta conseguenza di un gioco più grande di loro che li ha coinvolti a tutto beneficio del loro parente tedesco che ha saputo porre i paletti giusti per arricchirsi di più e tenersi al di sopra degli altri. Questi sono stati in realtà i patti di Mastricht!

 Da questo mio punto di vista, la crisi è generale, europea e non dei singoli stati che stanno semplicemente pagando lo scotto per acquisire il diritto a vivere e più in seno ad ogni singolo stato si ricorre alla imposizione fiscale più aspra, più le cose andranno male a beneficio di chi può più facilmente spendere in condizione di privilegio.

Per tutta l’Europa, al fine di superare la crisi, occorre maggiormente ricorrere alla creazione sempre più intensa di posti di lavoro e costruire impiegando a forza le nuove tecnologie, che devono essere fondo di ricchezza e non di ristrettezze forzate. Bisogna mettere tutti i cittadini europei nelle condizioni di lavorare, ognuno nel proprio ambiente, e di guadagnare per potere spendere e far crescere i consumi, arrestando i quali, come ho sopra detto, si arresta l’economia ed il progresso economica ed industriale.

Proprio la questione della costituzione dell’Europa Unita deve essere una spinta alla crescita determinando nuove vie di comunicazione più immediate, nuovi orizzonti di ricerca scientifica e culturale e non chiusura a riccio dei propri interessi locali e particolari, i quali creano semplicemente chiusura ed isolamento. Appunto la facilità di scambi culturali, economici ed industriali nonché di commercio è uno dei pilastri su cui si fonda l’aggregazione dei popoli e la premessa della loro crescita.

Oggi si parla tanto di crescita e di come fare per ottenerla. Certamente non la si ottiene con l’imposizione fiscale più incisiva di quanto non lo sia, ma con la creazione di sempre nuove occasioni di lavoro. Bisogna inventare il modo di far lavorare la gente e non scoraggiarla a guadagnare per non pagare di più al fisco! Mi sembra facile come inventare il famoso uovo di Colombo, anche se la cosa non è poi tanto facile in termini di applicazione. Appunto in questo i nostri “soloni” dovrebbero impegnarsi anziché litigare per come farsi eleggere più facilmente ed arraffare di più mettendo le mani sulle leve del potere.

Ecco, l’onestà del mondo politico è forse un’altra matassa da dover sbrogliare per superare le crisi. Ma questo comporta altri problemi che coinvolgono l’educazione sociale, la predisposizione al bene, lo spirito di fratellanza tra i popoli ed altri fattori etici che rientrano in un mondo purtroppo su cui non mi sento capace di indicare mezzi e presupposti. Come diavolo si fa a dare indicazioni di retta via a chi disonesto è per natura e delinquente per vocazione? Sì, ci sono le leggi che tutti dovrebbero rispettare, ma come fare se chi le deve fare rispettare è pure lui disonesto e predisposto?

La soluzione per alcuni è quella di ispirarsi a scelte di tipo religioso, ma tali procedure non hanno dato buoni esiti. Si pensi alla famosa esperienza in Italia della Democrazia Cristiana, ispirata a principi etici sani garantiti dalla religione e che, nel tempo, è diventata un’accozzaglia d’affaristi della peggiore risma ed ai partiti d’ispirazione islamica di antica e recente ispirazione che hanno dato luogo ad uccisioni e stragi di massa diventando covi di intransigenza terroristica.

Proprio non me la sento di dare indicazioni al di sopra del dire che le persone dedite alla politica dovrebbero essere oneste, ma come fare per sceglierle od indicarle non mi sento di farlo. È proprio questo il vero “busillis”!

Chi ha già di suo cerca di farsi eleggere per difendere meglio il proprio peculio e chi non ha niente fa di tutto per farsi eleggere al fine di crearsi un proprio “peculio” a scapito di tutta la comunità. Già nell’idea di “partito” è insito il concetto di lobby, di appartenenza ad una fazione che cerca di difendere ed imporre i propri interessi ad altre fazioni, cioè ad altri partiti. È impossibile creare un partito che vada bene ed accontenti tutte le categorie di persone.

In poche parole, il partito più che un organismo della democrazia, mi sembra essere diventato esclusivamente il simbolo dell’arrivismo politico, una specie di con greca necessaria per dare la scalata al potere e la conseguente acquisizione di ricchezza personale. In pratica mi sembra di vedere rinascere una specie di “corporativismo” di nuova edizione e di nuova veste allargato a fasce di persone arroccate nel proprio guscio che cercano di imporre agli altri le regole del più forte. In questo clima la democrazia, intesa come governo del popolo e manifestazione di libertà, va a farsi benedire, lasciando il posto alle lotte tra fazioni per il dominio sulle masse e l’arricchimento a spese dello stato. Il tutto senza alcuna violenza o spargimento di sangue, ma tacitamente, sommessamente, col beneplacito di tutti ed alla luce del sole.

La dice lunga il fatto che in clima di tagli nell’amministrazione pubblica, per nulla o quasi, viene ad essere limitato il sovvenzionamento ai partiti, che, anzi, vedono aumentare le motivazioni per coperture di spese le più fantasiose ed inconcepibili. Tagli su tutto, ma non sulle prebende ai partiti, i quali sono diventati gli unici dipendenti statali dal reddito sicuro. E dire che un tempo i partiti, per vivere ed esplicare la loro attività dovevano far ricorso ai propri affiliati. Oggi, contrariamente a ciò, gli affiliati (o almeno quelli più “intesi”) fanno man bassa dei soldi che lo stato “ammolla “ benevolmente e per legge,( naturalmente proposta ed approvata in parlamento dai partiti!)

Non è che i partiti non debbano esistere! Dico semplicemente che QUESTI partiti non dovrebbero esistere in una nazione democraticamente governata. Qui siamo in presenza di puri centri di potere che gestiscono al loro meglio e nell’interesse di parte la cosa pubblica. Non mi pare che sia una cosa bella e salutare! Eppure il silenzio sembra d’obbligo in questo campo e nessuna proposta di riforma viene avanzata. Anzi, vengono avanzati altri tipi di riforme, talvolta inutili che servono a polarizzare la pubblica opinione su elementi fuorvianti e talvolta inconsistenti nei contenuti, ma tali da suscitare discussioni e “cagnare” inutili. ed infinite. Meglio parlare sulla questione dei matrimoni tra omosessuali, la cui discussione assorbe sicuramente l’attenzione dell’opinione pubblica fuorviandola dai veri problemi connessi a determinati interessi. Ma, dico, chi se ne frega di quello che vogliono fare gli omosessuali? Nessuno impedisce loro oggi di vivere come vogliono, di accoppiarsi, di convivere, sì, insomma, di andare a letto insieme. Ed allora perché discutere di matrimonio tradizionale come se si trattasse di una coppia di eterosessuali? Dove sta il problema? La verità è che la cosa fa discutere e distrae l’opinione pubblica da altre cose!

A questo proposito cito l’esempio della Spagna. Una caciara enorme! Un fiume di discussioni ed infine l’approvazione in parlamento, su proposta di un certo Zapatero, del matrimonio tra gay ed intanto la nazione andava a fondo silenziosamente sotto una montagna di problemi finanziari, che, infine, sono venuti improvvisamente a galla al punto che lo Zappatore ha smesso di zappare nella cacca andandosene via alla chetichella.

Se l’Europa ha l’intenzione di voler esistere ed andare avanti, bisogna affrontare i veri problemi dei singoli popoli e risolverli senza ricorrere alla ricerca di allodole con lo specchio! In primo luogo è da risolvere il rapporto tra i vari componenti di questa benedetta Europa, sia nel campo economico, sia nel campo sociale e culturale, senza accettare la supina imposizione di un singolo componente, il più forte, che comporterà sicuramente lo sfascio finale. In questo auspicato clima, l’Euro deve essere uguale per tutti, cioè, avere lo stesso potere d’acquisto in tutte le nazioni consociate. Ciò comporterà sicuramente quel benessere e quello stato di grazia (pax romana) che scaturì dalla romanizzazione del mediterraneo avvenuta tanti secoli fa.

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