La gita delle Elementari

Posted by on Aug 2nd, 2012 and filed under Cultura. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Se mai avete avuto un figlio, a parte le cose belle e piacevoli che potete leggere a rofusione su immagini che girano in facebook incorniciate da centinaia di cuori e firmate Paolo Choelo o qualsivoglia autore fricchettone, è giusto che sappiate dei retroscena raccapriccianti che vi attendono del tipo: la gita di fine anno.

La sveglia alla domenica mattina, già bandita in molte religioni, nel caso della gita, per conferire maggior enfasi alla traversata, non va oltre le 7 e mezza, quell’ora del giorno dove neanche gli uccellini sono svegli a cinguettare.

Ci si ritrova nel solito piazzale a respirare i neri fumi che una corriera vibrante emette alternati da forti sgasate che l’organizzatrice costringe l’autista ad effettuare per imporre la dovuta fretta ai partecipanti che vanno ammucchiandosi troppo blandamente.

Una volta saliti in perfetto orario di solito si aspettano altri trenta o quaranta minuti prima che la marcia venga ingranata, mentre ritardatari di turno a gran velocità fanno scricchiolare sotto le gomme la ghiaia che ricopre il parcheggio al momento del loro arrivo.

La guerra dell’accaparramento dei posti in corriera, che i più avevano creduto estinta ai tempi del liceo, eccola riproporsi più avvincente che mai: ruberò gli ultimi posti a quei tre mocciosi che già hanno cominciato a smollicare i sedili, o mi incastrerò scomodo dietro al posto di quell’anziana signora che già lascia presagire forti sudorazioni abbinate a copiosi sventolamenti?

Malgrado la tentazione sarebbe di pulire i sedili con i capelli a spazzola dei tre mocciosi ed adagiarvisi sdraiati occupando cinque divanetti, ci si accovaccia nel buio di un posto solitario e scomodo, col reclinabile rotto augurandosi, più che una ricomparsa del sonno appena perduto, uno svenimento vero e proprio.

Il transito concitato degli avventori nel corridoio centrale della corriera non tende a placarsi, casomai fermenta. Le donne per procedere nell’avanzata si aggrappano con le braccia ai brodi superiori, rivelando depilazioni sbrigative e flaccide mellifluità tricipitali pronte a tormentarci negli incubi.

Per un attimo sembra non salire a bordo più nessuno, ma in realtà fa la sua comparsa a passo di testuggine la creatura mitologica più imbattuta di tutta l’epopea genitoriale: la suocera. Rigorosamente in vestaglia e senza maniche così da non lasciare nulla alla fantasia riguardo la loro effettiva sudorazione, ancheggiano sbilenche per brevi tratti prima di lasciarsi a peso morto nel posto a fianco dei padri onde precluderne ogni iniziativa di fuga.

Padri di cui vorrei risaltare la strana comparsa nella compagine. Papà, avendo accuratamente eluso ogni evento che riguardasse la vita scolastica durante l’anno, si è ritrovato costretto dai più turpi ricatti a trascorrere la sua sacra domenica lontano da bar, gazzette o gare automobilistiche, per trascinare tracolle da alpinista ricolme di tre cassetti dell’armadio dei vestiti ed almeno un paio di ripiani del frigo.

Caron dimonio, con la leva serra le uscite e salpa verso una provincia dell’Emilia Romagna, la regione più infestata di parchi di divertimento che ci sia.

Non so se sono un caso isolato, penso di no, ditemi voi, ma io ogni volta che salgo su un pullman che ha la televisione, la tv non proietta mai niente. In questo caso, si accende lo schermo per mostrare un ovale blu con una scritta “dvd” impressa al suo interno che rimbalza per le pareti dello schermo mentre in sottofondo comincia a venir profusa, tipo una flatulenza interminabile, musica latino americana. All’avvio di questa, già mettendo in conto che probabilmente non c’erano possibilità che la compilation in questione potesse contenere brani avulsi da cotal genere masochista di musica, comincio a calcolare il coefficiente di stress in birre che avrei dovuto bere poi per riequilibrare il mio umore. Musica latino americana = 2 Ceres dalla bottiglia, senza bicchiere.

A rompere l’idillio appena cominciato arriva la rappresentante dei genitori, di solito una punizione che i genitori infliggono al più antipatico fra loro, che mi chiede i soldi della gita, 50 euro per l’esattezza, anzi scorrettezza, dato che i 16 euro iniziali erano nel frattempo e per ragioni ignote lievitati a 50, ma da dietro gli occhiali da sole della rappresentante di classe con tutta sicurezza rifulgevano palle infuocate di veleno, motivo più che sufficiente per scoraggiare chiunque al dibattimento della cifra.

Messe in conto altre 3 Corone col limone.

Il ricordo è vago e confuso, ma rammento a sprazzi un momento, credo verso Faenza, quando l’aria fu invasa da un chiaro e fortissimo odore sulfureo come di uovo marcio, l’ironia macabra del destino volle che in perfetta contemporanea con questo avvenimento vidi una delle suocere pochi sedili di fronte a me ergersi con sforzo sovrumano ritta in posizione bipede, ai miei occhi si palesò un immagine mefistofelica di una divinità sordida come Efesto che in una fucina le cui fiamme erano alimentate dal proprio gas corporeo, venivano forgiati catenacci ed anellagioni per accalappiare uomini in età da marito.

La donna che nel mento coltivava più barba che il marito si lascia andare in un gemito acuto col quale probabilmente richiamava all’ordine un bambino remoto che le era evaso di mano.

Ormai ogni minimo residuo di affrontare la cosa con felicità in me è stato spazzato impietosamente e sono passati solo 15 minuti da quando siamo partiti, non mi resta che mettere il cervello in stand-by fino all’arrivo al prossimo bancone del bar dove mi avrebbe atteso una birra rossa alla spina. Media.

Arrivati al parco divertimenti di turno, un posto dove chiunque con 30 gradi all’ombra auspicherebbe di trovarsi, comincia la solita pantomima del “gioco pericoloso”.

Gli occhi delle mamme che facevano fatica nella lavatrice a trovare un senso alla propria vita, brillano di fronte alle macchine da brivido. Chissà che emozioni mi regalerà questo attrezzo rischioso, chissà come mi sentirò viva! In una spirale di coinvolgimento coatto che di solito faceva leva sulla virilità dei vari consorti, queste mamme, vere star dell’evento dedicato ai bambini, forzavano i malcapitati ad accompagnarle a braccetto alla gogna per rinvigorire quell’emozione di essere notate che il tempo aveva ormai sbiadito dall’ultimo tatuaggetto a forma di farfalla sulla spalla.

L’occhio mi è distolto per breve tempo da una mamma che sfreccia trascinando per il braccio un bambino che pare reduce da una rissa con un gelato al cioccolato verso i bagni.

Torniamo a goderci il dolce gusto del veder rischiare la vita altrui, e non si sa mai, magari al contempo si sarebbe potuta dare una veridicità a tanti racconti che ruotano attorno alle disgrazie di questi intrattenimenti da parco giochi.

Ma le varie “diversamente giovani” mamme che si alternavano al trabiccolo dell’adrenalina restavano incolumi anche dopo svariati tentativi di farla finita in modo spettacolare.

Torniamo a casa delusi, asciugati di ogni umore e trafelati ma a detta comune almeno i reciproci bambini una volta toccato il letto si sarebbero fatti cogliere dal sonno in modo quasi istantaneo, giusto il tempo poi di accogliere la stessa sorte, noi, sul divano.

Andrea Michetti

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