A piedi scalzi dentro l’anima di Sergio De Angelis

Posted by on Mar 19th, 2013 and filed under Libri, News. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

A piedi scalzi dentro l’anima di Sergio De Angelis

 

Il quadraro, oltre ad essere (con la maiuscola) una borgata romana, è in alcuni dialetti laziali, di derivazione diretta dal latino, l’indicazione di un appezzamento di terreno, o se vogliamo di un luogo, quadrato, quindi il più difficile da arare, mentre il campo di forma allungata era preferibile, per la minore necessità di girare i buoi per l’aratura, operazione tutt’altro che facile. E non si può dire che Sergio De Angelis non ami i rischi e le dolci fatiche di arare il suo terreno poetico, dopo la sua raccolta d’esordio, “Ciò che amo è dentro me”, dove la dimensione di riflessione intima è già evidente, ed averci lasciato con “Leggerezza” delle poesie sul davanzale, ora ci porta, a piedi scalzi come si conviene a chi davvero ci rispetta, in quel locus, o quadraro, particolare, che è la sua anima (“A piedi scalzi dentro l’anima”, Edizioni Akkuaria). A piedi scalzi si entra in certi luoghi di culto, dove non si vuol disturbare, dove si cerca di non far rumore, di non soverchiare i suoni e i colori del luogo: si vuole mostrare rispetto, quasi con un timore atavico ma insieme confidenziale.

Nell’anima non si può far altro che avere questa delicatezza onirica: “e aspetto la tua mano/per continuare a sognare”. Il sogno permette, nelle parole dell’autore, a quella parte di profondità che ha deciso di farsi conoscere, di trovare uno sbocco nella poesia. Non che i luoghi che fanno da scenario alla poesia di Sergio De Angelis e che abbiamo imparato a conoscere nelle sue due prime raccolte non siano qui presenti, ma una speciale natura di riflessione intima li mette come tra parentesi e nello stesso tempo li mostra ancora più profondamente come frammenti dell’anima, che è la vera protagonista di queste poesie. Dove s’incontrano questi frammenti, è possibile volteggiare senz’ali, anche se le parole ci sembrano “stropicciate e antiche” dal loro uso continuo.

Sappiamo di essere tutti in un mondo precario “dove ogni cosa/dura l’attimo di un sogno”, eppure cerchiamo questa falsa stabilità, come se fosse la soluzione. Il sogno consente appunto di avere accesso all’anima ed alla realtà, che da lei dipende: questa a sua volta si affaccia sul sorriso. Può sembrare retorico, ma onestamente non lo credo, per il tono di ingenua sincerità che si legge in ogni verso di Sergio De Angelis. Ed essere ingenui non va considerata a mio parere una diminutio, ma invece un segno di attenzione alle cose più importanti, e quindi di distacco da quelle che erroneamente, agli occhi del mondo, appaiono essenziali, e che di fatto legano troppo la nostra anima al terreno, che non vuol dire il “quadraro”, ma un’area priva di stimoli poetici e di sensibilità. Invece, è preferibile sfogliare “il libro degli abbracci”, nella consapevolezza che, di quel che siamo, ciò che rimane e per così dire si eterna è l’amore che abbiamo saputo donare, anche in poesia. Un amore che, tra quel solito vociare cui siamo purtroppo avvezzi oggi, è invece “silenzioso,/che non chiede/che non si manifesta/ma c’è dentro me/come la più bella cosa”.

Carlo Santulli

 

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