Viator di Ruggero Marino

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Viator di Ruggero Marino

Il poeta Ruggero Marino non ha nessuna esitazione, si presenta al lettore come Viator e questa scelta lessicale ce lo mostra nella duplice funzione di viaggiatore e di messaggero.

Viator come Uomo consapevole di compiere un cammino: il Poeta s’immerge nel viaggio della vita, come a coprirne reti o segmenti (a seconda della visione che ognuno di noi possa avere del “viaggio”) a diventare protagonista assoluto egli stesso, inglobando ogni “realtà” osservata, visitata, mostrandosi capace di annullare ogni distanza, varcare la soglia del tempo: sospendendolo o disattivandone la sospensione.

Nel Viaggio c’è spazio per la visita di luoghi dove la morte/guerra sa danzare un leggiadro minuetto di farfalle luminose o di lucciole assassine o ancora, per assistere impotenti ad una messa di sangue dove madri diventano solo vedove nere. L’impatto è immediato, incalzante: grosse pennellate ruvide di pece o un illusorio acquerello di un inferno a colori.

Il Poeta non viaggia solo per se stesso e, se avesse voluto, si sarebbe servito di un classico diario di bordo… ma egli è un messaggero, un Mercurio che velocemente raccoglie, restituisce e trasfigura grazie all’uso sapiente del verso poetico.

Ruggero Marino sa offrirci anche tenere pennellate naif che riportano all’infanzia. Tema molto caro al Poeta. E lo indaga come “luogotempo” dove ritornare oltre il confine delle fiabe, sotto la ruota dell’arcobaleno, a contrastare l’oceano scuro che la vita può mostrare a volte.

E ancora, infanzia come alba del mondo: Ruggero Marino con coraggio e con fermezza è capace di raccontarcela e gli basta solamente una penna e una donna in questo grembo di sabbia.

Il Viator non si limita a gettare lo sguardo sul visibile, fa di più, graffia la patina della superficie, della facciata e svela il segreto delle stelle o di una perla di luna.

Il poeta sa dosare la distanza, sa pesare le parole. E nel viaggio si concretizza l’auspicabile evoluzione personale: per dirla con lo sguardo di Nietzsche, il poeta, partito “cammello”, si ritrova “bambino” che preferisce e sente di essere soltanto un figlio delle stelle.

Maria Stella Sudano

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