Festival dei Due Mondi: quando l’arte supera il limite estetico

Posted by on Jul 14th, 2016 and filed under Cultura, News. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Per introdurre il discorso sul Festival dei due mondi 2016 debbo ricondurmi all’analisi che feci a caldo lo scorso anno quando il Festival mi conquistò subito con il bellissimo logo di Botero che ha caratterizzato il Festival del 2015.

Il Logo del grande BOTERO diventò simbolo strepitoso di un momento storico epocale!
“Danzare, danzare, danzare …sulle scarpette volteggiando nei monumenti preziosi , danzare tra le arcate dei chiostri, preziosi testimoni di civiltà e cultura, danzare tra le mille proposte incantevoli del Festival Dei due Mondi 2015.
Chiusi nella tenaglia dei giorni difficili che stiamo vivendo tutti , ci illudiamo di volteggiare sulle ali dell’arte ma l’arte ci evidenzia, ci ripropone, ci richiama con le sue capacità eccezionali di analisi e sintesi sulla verità difficile del momento. Così’ da vetrina per l’artista, Spoleto diventa palestra per le inquiete domande, per le risposte , per le speranze di questa folle danza del 2015 che ogni mattina ci sveglia con numeri , voti, schieramenti , abboccamenti che non portano mai la serenità, ma rilanciano continuamente sull’inquietudine.
Eccezionale intuizione il Logo di Botero che forse travalica la volontà espressiva  dell’autore stesso e, per quelle vie sotterranee che solo le vere opere d’arte conoscono e sanno attuare, diventa più di quello che l‘autore voleva dire. E racconta al mondo una verità che nessuno pensava potesse raccontare.
Il mondo è pesante, gonfio delle sue angoscie, vivere è diventato un peso economico incredibile, una lotta per la sopravvivenza giorno dopo giorno.
Ma gli uomini trovano al forza di rilanciare e danzano, danzano sui proprio problemi, danzano sulle difficoltà, volteggiano sui debiti, sui prestiti, sulle risorse che non ci sono….”
Quale è il senso ed il significato, il fine ed il compito limitato e limitante di un Festival?
Certamente il Festival dei due mondi travalica ogni anno il limite estetico  diviene, quasi per miracolo, la testimonianza, lo specchio, l’immagine di uno spaccato di storia.

Una storia che traballa sulla crisi , una storia che mentre è di scena il dramma sul palcoscenico vive un dramma vero nella povertà, nelle incertezze del futuro.
 Quest’anno il Logo è terribilmente realistico : il mondo accartocciato di Maurizio Savini ci introduce alla tremenda verità della nostra epoca.
Il Festival dei due Mondi 2016 non solo ha continuato su questa interrogazione culturale profonda ed intensa ma ha creato un vero e proprio palcoscenico ideale che ha abbracciato l’intero Festival che , meravigliosa gabbia ottica, ha puntato l’occhio sulla società contemporanea in un parallelo con l’affascinante e coinvolgente epoca del Barocco.

A Spoleto gli artisti, gli organizzatori hanno disegnato il mondo odierno : ne hanno evidenziato l’inquietudine, la spavalderia, l’angoscia ed hanno lanciato la sfida meravigliosa delll’arte! Quando al Teatro Caio Melisso la mattina di domenica 10 luglio ho ascoltato la splendida lezione del Prof. Tomaso Montanari
- in apertura della Performance  della Fondazione Carla Fendi
Un percorso nella modernità del Barocco” –  ho intuito che il discorso sull’inganno barocco  come metafora della società moderna era il filo rosso di tutta la storia di questo meraviglioso Festival che continua ad incantare.

Riporto dalla introduzione  del Prof. Montanari alla Performance:
Inganno: è questa la parola chiave che rimbalza da un angolo all’altro dell’Europa barocca. L’arte, dice Gian Lorenzo Bernini “sta in far che il tutto sia finto, e paia vero”. Ma senza intenzione occulta, anzi è dichiarato l’inganno. E questa è la potenza di questo enorme metaforico  concerto che invade la mente ed il cuore. Continua così l’introduzione: “Gli specchi delle gallerie barocche riflettono – nei versi di Giovan Vincenzo Imperiali 1607- gli antri e le rupi della natura più selvaggia, spirando un non so che di indicibile di dolce  : tanto che talor dubbierai dentro a te stesso/ Se l’orrido, o l’ameno a te più piaccia.”
Come afferma Montanari nella conclusione del suo discorso che ha incantato la platea a Teatro: “Nel secolo della disssimulazione , arte significa inganno, l’equivoco e il bello coincidono, l’enigma è l’unico modo di parlar chiaro , e spesso l’horror va col diletto. Ma di quale secolo stiamo parlando , del diciassettesimo o del ventesimo ?

Questo vuol dire fare cultura in un Festival che travalica l’Italia e si espande nel mondo. Non solo la riproposta ma l’indagine, lo scavare nel passato per trovare il nesso, il senso del presente.
Ma questo è possibile soltanto se chi si accinge a fare arte, a fare spettacolo, a fare un Festival, ha la preaparazione culturale necessaria.
Se mastica Arte da sempre.
Al Festival dei due mondi, niente è sciatto, sommario, approssimativo.
Tutto ha un senso e vuole dare un segnale. Sarà per questo che 80.000 spettatori hanno risposto al richiamo e sono stati coinvolti da questa favola di mezza estate in Umbria.
Giorgio Ferrara – chi verrà dopo di lui nella conduzione dovrà superare un confronto difficilissimo –  ha indicato un messaggio nel Programma del 2016: “Nel moltiplicarsi dei mondi e delle nuove genti risuona dalle antiche profondità di un tempo pur sempre giovane il richiamo del Bello, dell’Intelligenza e dell’Arte. Che è anche comandamento a non vacillare nella loro difesa.”
Che altro dire ? Non ci sono le parole.
Al festival bisogna andarci, viverlo, sudarlo, apettare nelle file per il biglietto mentre il sole ti stana le idee più torride.
 Il Festival è vita da vivere.
Raccontarlo? Nenche un poeta ci riesce. La cronaca non basta, il programma resta a dirti i numeri, i nomi, le date.
Il festival è come quel sogno terribile ed incantevole che ti penetra, ti
avvolge:  entri, lo superi, ti svegli stordito ma esci cambiato.
Al prossimo anno! Al prossimo Festival!

Anna Manna

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