La Pavone is Back! Rita, “Come te non c’è nessuno”

Posted by on Dec 3rd, 2013 and filed under Attualità. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Rita Pavone lancia il doppio album “Masters”, a 19 anni dall’ultimo di inediti e a 8 anni di assenza dalle scene

Non appena si senta il motivetto di “Viva la pappa col pomodoro” viene in mente lei: Rita Pavone. Ragazzina, giovanissima, fu scoperta ad Ariccia da Teddy Reno in occasione del Festival degli Sconosciuti, manifestazione della quale il cantante era patron. Ed è da qui che ha inizio la straordinaria scalata al successo di Rita, che si ritrova legata al colosso discografico americano della RCA e alle radio e televisioni nazionali ed estere. Innumerevoli i successi che ne esaltano la popolarità. Fino ad arrivare a quell’interpretazione che, nel bene e nel male, resterà nel cuore degli italiani: 1964, lo sceneggiato televisivo “Il giornalino di Gian Burrasca”, tratto dal romanzo omonimo di Vamba e che vede Lina Wertmuller alla regia. Seguiranno tantissimi altri successi che vedranno “Pel di carota” fare la storia della moderna musica leggera italiana e di un intero decennio. Per non parlare dell’unico vero grande amore della sua vita, proprio quel Ferruccio Ricordi, in arte Teddy, che l’aveva scoperta. Un’icona, un emblema, idolo dei ragazzini e, stranamente, ben accetta anche ai loro genitori.

Certo, di anni ne sono passati parecchi: più di mezzo secolo. Messa all’angolino, quasi accantonata, dalla musica “impegnata”, viene relegata e quasi cristallizzata esclusivamente nei ruoli “storici”. Non più un’occasione per reinventarsi, per riproporsi sotto una nuova veste. Stanca da quell’effimero e irriconoscente mondo, dal quale prima fu consacrata e poi rinnegata, nel 2006 annunciò di volersi ritirare dalle scene, anche nel tentativo di dedicarsi a tutto ciò a cui sin dall’adolescenza aveva rinunciato. Una lunga “pausa relax” a Palma di Maiorca, tra amiche, paella e movida. Viaggi, Teddy e musical a Londra, questi gli elementi della “pensione” targata Pavone. Tornata dopo un paio d’anni in Ticino, un tarlo, un unico forte desiderio la coglie prigioniera: riproporsi! Oggi, a quasi 19 anni dall’ultimo disco di inediti e a 8 anni di assenza dalle scene, Rita is back! Si tratta di un nuovo doppio album scoppiettante, registrato in studio. Un ritorno tutto “made in USA”, dove interpreta le cover americane da lei più amate. Quindici tracce in versione originale in lingua inglese e altrettante, come rifacimento, in italiano. Il titolo è “Masters”, a indicare non solo la macchina analogica a 24 piste, ma anche i suoi “maestri ispiratori”, i padri simbolici che la guidavano nella musica prima degli inizi della fortunata carriera. Un panorama straordinario che spazia dal crooner Tony Bennett a Johnny Cash, Bobby Darin, Elvis Presley, Timi Yuro, Burt Bacharach, Hoagy Carmichael, Fred Astaire, Judy Garland, Nat “King” Cole, Ray Charles, Bing Crosby e “The Voice” Frank Sinatra. Un’idea che ha inizio l’11 marzo 2011. La Pavone definisce “Masters” come “il disco che avevo in testa di fare più di cinquant’anni fa”. Ed è proprio così: “Quando avevo undici o dodici anni – racconta Rita – un amico di mio padre, che lavorava in America, sulle navi, mi portava i dischi di quella musica che in Italia sarebbe arrivata solo dieci anni dopo”. E mentre i suoi coetanei ascoltavano ancora “Buongiorno Tristezza” di Claudio Villa e generi di musica retrogradi e preistorici risalenti agli anni ‘30, lei assaporava il R’n’R, sognando di poter cantare quei pezzi, un giorno, e magari anche nella propria lingua. Tutt’altra storia rispetto a Betty Curtis e Wilma de Angelis. Poi le strategie discografiche che le venivano imposte la portarono a cantare altro generi di brani, che, dopo anni, finirono per non piacerle più, spingendola a prefissarsi un ritiro ad appena sessant’anni. Smettere presto fu una sorta di sconfitta, dettata dalla mancanza di nuovi stimoli.

Ed ecco che per festeggiare i cinquant’anni di carriera, al posto di regalarsi una Ferrari, Rita ha pensato a un nuovo cd. Un progetto intrigante, eccellente, che facesse risuonare, ancora una volta, il suo vocione versatile e squillante, che ha retto bene, nonostante l’età. Potente quella voce che reinterpreta non solo i brani, ma anche Rita, presentata in una nuova immagine e in quella musica anni ’50 che la riportano alle origini. Un sogno tenuto nel cassetto per anni e che solo adesso si realizza come vero e proprio tributo alle tracce più amate in gioventù. I brani sono stati adattati agli standard moderni, riproposti in una nuova salsa (del resto, alcuni dei testi risalgano addirittura agli anni ’30 n.d.r.). Adattati, appunto, ma non stravolti, a prova del fatto che le canzoni con una melodia non hanno bisogno di modifiche radicali. Dei classici insoliti per lei, solito peperoncino della situazione, che è sempre stata grande, ma non alta. Il risultato è un prodotto ben curato, ben rifinito, dove si fa musica sul serio. Risulta intrigante notare le differenze durante il doppio ascolto delle due versioni, che non si limitano solo a singolari traduzioni ma anche a un particolare arrangiamento. Testi curati dalla stessa Pavone, e frutto di una proficua collaborazione con Franco Migliacci, Enrico Ruggeri (che firma ben cinque brani) e lei, la maestra, Lina Wertmuller. E quando si uniscono dei veri professionisti, il risultato è ovviamente assicurato. L’orchestra, che propone un arrangiamento ritmo-fusion, facendo letteralmente rivivere i brani, è diritta dal giovane Maestro Enrico Cremonesi, fido compagno di Fiorello. Una scoperta, quella di Cremonesi, fatta quasi per caso, in sostituzione dei due storici arrangiatori della Pavone: Ennio Morricone e Luis Enríquez Bacalov. Ma il risultato è ugualmente pregevole, con un’intercambiabilità tra rock, swing, pop e ballata romantica. A concludere il team di produzione esecutiva sono Jim “Bonzai” Caruso, fonico yankee da quattro Grammy Awards, e John Davis (fresco di collaborazione con gli U2, Led Zeppelin e Lana Del Rey) che ha brillantemente masterizzato il tutto negli studio londinesi. Anche in vinile, per gli amanti del fruscio. Oggi, a 68 anni, ricomincia da sola: trova gli editori e ottiene il permesso di tradurre i brani senza rime. Si basa su Gene Vincent e Fats Domino e realizza qualcosa di non nuovo, ma di sicuro molto particolare. “Ottenere la prima copia del disco – ci dice – è sempre come la prima volta, ai tempi de La partita di pallone”.

Quale produttore discografico le avrebbe dato fiducia in una simile impresa? Visto lo scetticismo dell’ambiente discografico e del mercato di oggi, decide di autoprodursi, stabilendo lei come gestire il lavoro. Ritrova il suo pubblico, ancora legato a “Cuore”, “Fortissimo”, “Il ballo del mattone” e a “Datemi un martello” (e a questo punto, viene da chiedersi, sarà lo stesso che oggi Miley Cyrus lambisce nel videoclip di “Wrecking Ball”?). Sarà che i costumi sono cambiati e l’ombelico (appena), della Carrà o meno, non dà più scandalo. Perché ha ragione a dire che alcuni suoi brani sono un po’ come la messa, vecchi ma piacciono sempre. Insomma Rita, per citare un grande successo, “Come te non c’è nessuno”. I fan restano, così, in attesa dell’annuncio ufficiale di un tour nei teatri o, addirittura, in un nuovo album di cover, a seconda della risposta del pubblico a “Masters”. Finché la voce regge, l’ormai ex “Pel di carota”, oggi biondina, può riproporsi per dimostrare di non essere la “Dum dum” (come i proiettili a espansione n.d.r.) dei tempi del Geghegè. Ricordiamo che si tratta di un’artista che ha occupato la ventiseiesima posizione della Billboard 100, seppur con un inglese incomprensibile, e che, il 7 marzo ’65, viene lanciata all’Ed Sullivan Show insieme ai Beatles, a Duke Ellington e a Ella Fitzgerald. Una donna di spettacolo che in Italia ha come pari le sole Mina e Raffaella Carrà. I cantautori la rimpiazzarono, con testi che i ragazzi come lei e Morandi, figli di proletari, non avevano voglia di cantare.

Imprigionata dai luoghi comuni e soprattutto dal ruolo di Gian Burrasca. Ai tempi non esisteva il concetto di concept disk e “Viva la pappa col pomodoro” venne decontestualizzata e non rimase circoscritta all’ambito di riferimento. Diventò un successo, estrapolato da una semplice commedia musicale, che superava incondizionatamente qualsiasi altro suo brano, di valore o meno. Ed ecco la necessità di cambiamento, di prendere le distanze dal passato: come un Jim Carrey nell’interpretazione drammatica in “Se mi lasci ti cancello”. Un ruolo nuovo, che segni un nuovo inizio. Come una nuova proposta dei talent: sì, proprio quelli che lei sente diversi da una volta, senza fatica, senza sudore, piazze, pubblico di paese e palette. Troppo spettacolo, oggi, troppo. Nel mentre, torna ospite nelle televisioni e il singolo di lancio, “I want you with me”, ha un buon successo nelle radio che, a suo dire, “non la filavano più da vent’anni”.

Ma ha ragione Umberto Eco: Rita Pavone è entrata nel costume, con trasgressione e tradizione. Modello per le generazioni di un tempo ma anche icona di tanti giovani che, come me, sono cresciuti con le Vhs di quell’indimenticabile sceneggiato che l’ha consacrata.

Marco Fallanca

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